Bruxelles

L’importanza di essere a Bruxelles

A cura di Lorenzo Orsini, Giulia Gonfiantini, Veronica Potenza.

 

Esserci a Bruxelles per i temi

Cozze e patatine fritte sulla Grande Place, ma non solo. A Bruxelles è importante esserci. Nei palazzi delle istituzioni europee oggi si discute, tra l’altro, di intelligenza artificiale e di Green deal, il piano pensato per fare dell’Europa il primo continente a impatto zero entro il 2050. Il prossimo bilancio per il settennato 2028-2034 dell’UE è alle porte. 

Nella sede del Parlamento europeo i due eurodeputati Salvatore De Meo, Forza Italia (Gruppo del Partito Popolare Europeo) e Francesco Torselli, Fratelli d’Italia (Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei), hanno evidenziato l’anacronismo di un piano disegnato e approvato prima che la pandemia e il conflitto russo-ucraino ridefinissero gli scenari socio-economici globali.

A prendere le “difese” del Green deal, che col cambio di orientamento politico della Commissione Von Der Leyen II diventerebbe un “industrial deal”, è stato il presidente del Movimento Europeo Italia Pier Virgilio Dastoli, già assistente parlamentare di Altiero Spinelli. A suo avviso, si rischia che vengano vanificati gli investimenti già fatti dalle aziende che hanno iniziato ad adeguarsi alle disposizioni del piano per l’Europa verde. Nel pieno della stagione dei “Fridays for future”, ci fu ampia convergenza sulla riduzione delle emissioni.

L’Artificial Intelligence Act, prima Legge internazionale sull’intelligenza artificiale, approvata nella scorsa legislatura europea, porta la firma dell’eurodeputato spezzino Brando Benifei, PD (Gruppo Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici). Reduce da un incontro con una delegazione americana a Oslo, di fronte alle pressioni delle multinazionali USA, ha difeso il principio di una Legge che, a suo avviso, non penalizza lo sviluppo tecnologico ma vuole tutelare i 450 milioni di cittadini-utenti europei, anche i più deboli. 

Esserci a Bruxelles per il lavoro

A Bruxelles è importante esserci anche per difendere diritti e salari. Effat, European federation of food, agriculture and tourism trade unions, è un’organizzazione rappresentativa di 2,6 milioni di lavoratori addetti all’agricoltura, all’agroalimentare, al turismo e al settore domestico iscritti a 121 realtà sindacali di 41 Paesi, anche extra Ue. L’obiettivo è rappresentarle e rafforzare la collaborazione.
Durante la nostra visita alla sede in avenue Louise il segretario generale, Enrico Somaglia, e la responsabile comunicazione, Maddalena Colombi, ci hanno spiegato che si tratta di un sindacato, con un ruolo di lobby e advocacy (processo che «spinge» a favore di una causa), rivolgendosi a deputati di ogni movimento ed esponenti politici che non possono, chiaramente, essere esperti di ogni settore.

 

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Un livello di azione è quello del dialogo con le organizzazioni datoriali, mentre un altro, cruciale per la federazione, riguarda il rapporto con le multinazionali. In questo senso il loro lavoro avviene attraverso i Cae, comitati aziendali europei, e affronta questioni transnazionali. Il confronto avviene con la singola multinazionale e punta in primo luogo a rafforzare la sindacalizzazione e la creazione degli stessi Cae. La sfida è anche coordinare lingue, contratti e sistemi di relazioni industriali diversi. La presenza di Effat avviene attraverso delegati eletti democraticamente, la struttura è fatta di persone e come tale presuppone spazi di confronto. “Uniti si negozia e separati si chiede la carità”.

 

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Nell’incontro sono state toccate questioni specifiche dei singoli settori trattati dall’organizzazione, come ad esempio le criticità del lavoro agricolo e del turismo. Sul Green deal, per Somaglia sarebbe servita una transizione giusta, da costruire attraverso valutazioni d’impatto sociale. Un’agricoltura più verde è da realizzare, in sintesi, tenendo conto di altri meccanismi economici. Oggi invece per l’organizzazione l’orientamento generale è di diverso segno: semplificare significa in realtà deregolamentare. La sostenibilità ambientale, così come la contrattazione collettiva e gli standard sociali, sono visti troppo spesso come un freno alla crescita. La questione per il sindacato è culturale: diritti costruiti in questa parte del mondo nell’arco di decenni sono rappresentati all’improvviso «svantaggiosi».

Esserci a Bruxelles per le Regioni

“Dallo Stato arriveranno meno fondi quindi bisogna cercare risorse Bruxelles”. L’ammiraglio Massimiliano Nannini, già direttore dell’Istituto idrografico della Marina, oggi è il capo di gabinetto di Regione Liguria e va dritto al punto per spiegare le ragioni strategiche del ritorno a Bruxelles. Ventiquattro anni fa, con il Presidente Biasotti, la Regione comprò una bella sede vicino alle istituzioni europee per essere là dove venivano avviati e poi prese le decisioni. Vi prese parte anche l’allora Presidente della Commissione europea Romano Prodi. L’elegante palazzina però, per ragioni di bilancio regionale, in una legislatura successiva fu poi ceduta con ottimo profitto, grazie al boom dei valori immobiliari nella capitale belga.

La nuova amministrazione Bucci oggi ritorna a Bruxelles. Gli uffici sono in affitto in Rue du Trône. Canone di favore concordato con la Regione Piemonte. Nel palazzo sono ospitate anche la Valle d’Aosta e le due macroregioni francesi di Provence, Alpes Côte d’ Azur e Rhône-Alpes. Il nordovest italiano e i dirimpettai transalpini. 

Le regioni sono infatti uno degli interlocutori privilegiati della Commissione Europea per tracciare la rotta su direttive e norme, programmi di finanziamento che ricadano in modo positivo sui cittadini e le imprese.

Per Genova e la Liguria, porta sul mare dell’Italia nel Mediterraneo, oggi i temi forti sono innanzitutto quelli della Blue Economy. Dai porti con le merci, i container, i passeggeri , ai cavi sottomarini per il flusso di dati collegati con il Nord Africa.

Poi c’è l’annoso problema di infrastrutture e trasporti a terra: Ferrovie e Autostrade con grandi opere in corso di completamento o da impostare. Dal terzo valico dei Giovi al raddoppio a ponente. Poi le manutenzioni di viadotti e gallerie più che mai necessarie dopo il tragico crollo del Ponte Morandi.

Dall’agricoltura, all’ambiente, dalla formazione al turismo, alla rigenerazione urbana sono poi tante le materie su cui l’Europa e le sue decisioni possono incidere più o meno a favore della Liguria.

L’interlocuzione più istituzionale avviene attraverso il Comitato Europeo delle Regioni con la sua rappresentanza permanente presso l’unione Europea. Per capire però che cosa si sta muovendo in Europa e magari cercare intercettazioni e orientarlo, la Regione ha selezionato due funzionarie di staff con esperienza pluriennale a Bruxelles come Claudia Pecoraro e Nadia Galluzzo. 

A Genova da interfaccia Sonia Sportiello. Conoscere la materia per cavalcare l’onda, insomma ci dicono. Per questo bisogna stare sul pezzo tutti giorni.

Bisogna poi comunicare in Italia, informare cittadini, imprese ed enti locali. Aiutarli nella compilazione di bandi spesso complessi. Il percorso non è facile ma la Regione crede anche nel supporto di giovani stagisti come già fa il Piemonte.

Alzare lo sguardo, allargarlo a un orizzonte Europeo e portare a casa le palanche la missione per l’ammiraglio Nannini e la dirigente regionale Laura Muraglia. Non mancheranno gli scogli ma la rotta sembra tracciata.

 

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