Reporters sans frontières, contro ogni attacco alla libertà di stampa

di Luisa Sbrana

Nei giorni in cui l’Italia festeggia la grazia concessa da al-Sisi, presidente egiziano, che ha consentito a Patrick Zaki di tornare a Bologna, sono ancora in tanti (oltre 500), tra giornalisti e operatori dell’informazione, a restare nelle prigioni di Stato e a sperimentare minacce, torture, intimidazioni.
“In ogni angolo del mondo la libertà di stampa è under attack“. Si è espresso così António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, il 3 maggio di quest’anno in occasione della giornata internazionale per la libertà di stampa quando è stato presentato il World Trends in Freedom of Expression Report 2021/2022. Un report che qualifica il 2022 come annus horribilis.

Il 2022 annus horribilis

Ottantasei giornalisti e operatori dei media uccisi in tutto il mondo nel 2022, uno ogni quattro giorni (una mattanza che assomma 1591 omicidi dal 1993), evidenziano gravi rischi e le vulnerabilità che i giornalisti continuano ad affrontare nel loro lavoro. Il picco di omicidi nel 2022 segna una drammatica inversione del trend degli ultimi anni: da 99 omicidi nel 2018, il numero era sceso a una media di 58 omicidi all’anno dal 2019 al 2021. L’America Latina e i Caraibi totalizzano, con 44 omicidi, oltre la metà di quelli uccisi in tutto il mondo. L’Asia e il Pacifico hanno registrato 16 omicidi. 11 sono stati uccisi nell’Europa orientale. Messico (19 uccisioni), l’Ucraina (10) e Haiti (9) detengono il primato di paesi più “mortali”. Un incredibile aumento del 50% rispetto all’anno precedente. Quasi tre quarti delle giornaliste donne hanno subito violenze online e una su quattro è stata minacciata fisicamente. “Questi numeri – ha sottolineato Audrey Azoulay, direttrice generale dell’Unesco il 3 maggio – ricordano le crescenti crepe nei sistemi dello stato di diritto in tutto il mondo e sottolineano l’incapacità degli stati di adempiere ai loro obblighi di proteggere i giornalisti e prevenire e perseguire i crimini contro di loro”. Il livello di impunità per questi crimini invia un messaggio agghiacciante perché “la
sicurezza dei giornalisti non è una questione solo per i giornalisti o le organizzazioni
internazionali. È una questione che riguarda la società nel suo insieme”.
E mentre gli attacchi e l’odio online contro la stampa crescono è quanto mai necessaria la libertà di espressione “poiché l’avvento dell’era digitale ha cambiato l’intero panorama delle notizie” ha aggiunto la direttrice dell’Unesco. Se Internet ha aperto nuovi canali di informazione ed espressione, è stato sottolineato, ha anche fornito terreno fertile per coloro che cercano di seminare disinformazione e teorie cospirative. “Oggi le bugie viaggiano molto più velocemente della verità”.

Libertà di stampa valore europeo

La libertà di stampa è un tema caro alle Istituzioni europee oltre che a quelle internazionali. Basti pensare che dal 2015 è attiva la piattaforma per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti europei, uno spazio pubblico – sotto l’egida del Consiglio Europeo – che monitora i casi di violazione della libertà di stampa o che minacciano l’incolumità fisica degli operatori. Il monitoraggio risponde alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (all’art. 11) e nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (art.10) in attesa che il Consiglio europeo emani la “Legge europea per la libertà dei media” annunciata lo scorso 21 giugno.

Reporters Sans Frontières in prima linea

Insieme ai partner ufficiali (Reporter without borders, the international Federation of Journalist, Artcolo 19) anche 14 tra organizzazioni non governative e associazioni di giornalisti in diverse parti del mondo contribuiscono a tenere alta l’attenzione sulla sicurezza dei lavoratori dell’informazione. Reporters Sans Frontières, prima tra tutte.
Il programma di formazione internazionale promosso dall’Ordine dei Giornalisti della Liguria sui temi della comunicazione pubblica, istituzionale e diplomatica nell’ambito del Programma europeo Erasmus+ ci ha offerto l’opportunità di incontrare alcuni tra i rappresentanti della redazione RSF nel quartier generale a Parigi. Qui veniamo accolti con particolare simpatia e cordialità da Pauline Ades-Mevel, redattrice e portavoce e da Pavol Szalai giornalista e caporedattore per la zona dei Balcani di RSF. Una redazione di dimensioni contenute – poco più di un open space con una decina di desk – da cui si sprigiona, al tempo stesso, una grande energia.

I numeri di un’instancabile attività

Spetta a Pauline e a Pavol presentare RSF.
Fondata nel 1985, con il motto For freedom of information, RSF è l’organizzazione non governativa che difende la libertà, il pluralismo e l’indipendenza dei giornalisti e che si impegna ogni giorno nella difesa dei media perseguitati e nella lotta contro le limitazioni alla libertà di stampa. Un sostegno a 360° che significa assistenza morale e finanziaria ai giornalisti perseguitati e alle loro famiglie, che si traduce nel monitorare e denunciare ogni forma di attacco ai media, alla libertà d’informazione a livello mondiale, che equivale al collaborare con i governi per combattere la censura e le leggi che limitano la libertà d’informazione.
Quattordici le sedi, 134 i corrispondenti in tutto il mondo. Sezioni attive in Austria, Germania, Spagna, Svezia e Finlandia cui si aggiungono le sedi al di fuori del territorio europeo: Washington, Tunisi, Dakar, Taipei, Corea, Hong Kong, Giappone. Un osservatorio per i Balcani e l’est Europa, il Medio Oriente, Israele e Asia oltre al bureau istituito di recente per l’Ucraina.
Organizzazione autonoma, RSF si sostiene grazie a risorse volontarie reclutate attraverso appelli a donazioni – fatta eccezione per i partiti politici – e, anche, volumi fotografici.
Il dialogo si concentra, a questo punto, su uno degli strumenti che RSF utilizza per porre l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale: l’indice della libertà di stampa. Il World Press Freedom Index è la classifica annuale con cui viene valutata la situazione dei vari Paesi relativa alla libertà di stampa. Alla base della valutazione ci sono cinque criteri: contesto politico, quadro normativo, contesto economico, contesto socio culturale e sicurezza. Per ogni voce il
punteggio varia da un massimo di 100 a un minimo pari a o. Alla base del dossier – ci chiariscono – un questionario inviato alle organizzazioni partner di Reporter Sans Frontières, oltre che ai suoi circa 150 corrispondenti in tutto il mondo e a diversi giornalisti, giuristi e attivisti per i diritti umani.

Su 180 paesi, 31 sono stati ritenuti nel 2023 in una “situazione molto grave” e i risultati si sono rivelati peggiori rispetto ai riscontri di due anni fa. Per il 2023 il valore massimo va alla Norvegia (95.18), seguita da Irlanda (89,91), Danimarca (89,48), Svezia (88,15), Finlandia (87,94) e quello minimo alla Corea del Nord (21.72) con gli USA in 45esima posizione. La maggior parte degli Stati orientali dell’UE è salita nella classifica 2023, con la Polonia, ad esempio, che ha scalato nove posizioni rispetto all’anno scorso, posizionandosi al 57° posto a livello globale. La Grecia ha nuovamente ottenuto la posizione più bassa dell’Ue, al 107° posto, salendo di un solo posto rispetto al 2022, quando era scesa di 48 gradini. I dati più gravi vengono, però, dall’aggregato MENA che raggruppa il Medio Oriente e il Nord Africa. Le criticità più gravi sono nel Sahel (Mali, Burkina Faso), nel Brasile, Colombia del Sud, Messico e Cina, Kashmir e Afghanistan. Il calo più drammatico si registra tuttavia in Israele (-11 posizioni) e Arabia Saudita.
E l’Italia?
Buone notizie per l’Italia – ci confermano Pauline e Pavol – che risale in classifica con un punteggio medio di 72,06 e si aggiudica la 41esima posizione, lasciandosi alle spalle la 58esima posizione dell’edizione precedente. In particolare, l’Italia brilla poco negli indicatori economici e politici sebbene il miglioramento sia visibile negli aspetti legislativi e nell’area “sicurezza” grazie anche alle minori aggressioni fisiche a giornalisti. Nella lotta per la libertà della stampa il riferimento va, poi, alle organizzazioni che svolgono in Italia un ruolo affine a RSF, tra cui Giornalisti Senza Bavaglio e Articolo 21.

La libertà di stampa è un obiettivo che RSF persegue anche accreditando, con uno
standard internazionale, il giornalismo affidabile. “Per un giornalismo etico e trasparente” è, infatti, lo slogan del progetto “Journalism Trust Initiative”  un meccanismo trasparente per frenare la disinformazione e premiare concretamente il rispetto del giornalismo etico e professionale. L’iniziativa nasce – ci dicono – da una semplice constatazione: il giornalismo è
soggetto alla concorrenza diretta dei contenuti manipolativi che proliferano nello
spazio digitale con propaganda, pubblicità, disinformazione. Ciò ha comportato nel corso degli anni un’erosione del pubblico, sfiducia nei media e un calo delle entrate derivanti da pubblicità, abbonamenti e acquisti. Progettato come standard ISO, lo standard JTI è stato sviluppato da un comitato di 130 esperti tra cui giornalisti, istituzioni, autorità di regolamentazione, editori e
nuovi attori tecnologici.
Una riflessione sull’Intelligenza Artificiale

Nella parte conclusiva dell’incontro trova spazio la riflessione sull’ intelligenza artificiale, su cosa sarà il futuro del giornalismo e i due referenti sono ottimisti nel ritenere che l’AI possa essere al servizio del giornalismo.
Quali sono i criteri – chiediamo – che guidano RSF nella scelta dei “casi” da monitorare e tutelare? Quelle situazioni e questioni – sottolineano – verso le quali l’opinione pubblica esprime maggiore attenzione e sensibilità perché sono questi i casi dove la pressione sui Governi è più efficace in termini di danno potenziale all’’immagine a livello internazionale. Tra le battaglie che RSF sta conducendo è di questi giorno, sottolineano, il nostro sostegno al Journal du dimanche che rischia di chiudere. Uno dei tanti fronti aperti per un mondo del giornalismo in affannosa ricerca di equilibrio tra sostenibilità finanziaria ed etica pubblica.
Si conclude così il nostro incontro pomeridiano nella redazione di RSF, con la cordialità e i sorrisi con cui siamo stati accolti. Che celano, forse, la fatica di dare protezione e speranza a chi resiste alle pressioni, alle querele bavaglio, alle intimidazioni non sempre e soltanto della criminalità organizzata.
Giornalismo, linfa vitale della democrazia

Ci accompagna, alla fine dell’incontro, la sensazione di un impegno enorme che vede in RSF uno dei paladini impegnati a proteggere l’informazione libera, un bene inestimabile non sempre e comunque percepito come “valore”. Non è un caso che anche la Federazione nazionale della stampa italiana, intervenendo il 3 maggio a Ravenna all’iniziativa “Libertà di stampa, mai abbassare la guardia” abbia fatto proprio il motto “Il giornalismo non è un crimine”. Alla manifestazione erano presenti anche i genitori di Mario Paciolla, croniste e cronisti finiti nel mirino.

Un incontro – quello con RSF – che lascia l’amaro in bocca nel pensiero di chi è costretto a difendersi nel compimento del proprio dovere e che si colora di speranza quando si collega alle azioni di tutela portate avanti, per esempio, anche nella Maison des journalistes.
E quando lasciamo alle spalle la porta di RSF ancora echeggiano nella mente le parole-monito del segretario generale dell’ONU: “la libertà di stampa è il fondamento della democrazia e della giustizia. Ci fornisce i fatti dei quali abbiamo bisogno per formarci opinioni e dire la verità al potere. Rappresenta la linfa vitale (very lifeblood) dei diritti umani”.